a cura della prof.ssa Loredana Alajmo
Un giorno mi telefonò una signora che aveva letto un breve articolo sul Metodo Feuerstein e mi chiese un appuntamento. Quando arrivò mi sembrò una persona molto provata, esaurita e cominciò, con grande emotività, a raccontarmi del suo problema: la figlia.
Da piccola alla bambina era stato diagnosticato un lieve ritardo mentale, non avevano mai voluto, sia lei che il marito che si avviassero le pratiche per il riconoscimento del problema e per ottenere un insegnante di sostegno, ma nella scuola privata che aveva frequentato era stato richiesto l’intervento di un educatore. Dopo le scuole medie venne mandata, contrariamente ai consigli degli insegnanti, come ho saputo poi dagli stessi, a frequentare una scuola professionale in un’altra città e quindi in collegio. Concluso questo ciclo scolastico che Silvana (il nome è di fantasia) aveva vissuto con grande sofferenza, da circa sei anni era a casa e la mamma le faceva prendere qualche lezione da un’insegnante e cercava di tenerla occupata.
Le chiesi di incontrare la ragazza e qualche tempo dopo la accompagnò.
Silvana mi sembrava una statua, nessuna espressione, nessun segno di emozioni nel viso, rigida nei movimenti, si muoveva a scatti, non aprì bocca. La mamma non volle che io facessi una valutazione dinamica che sarebbe stata utile per comprendere il funzionamento cognitivo della ragazza, però acconsentì ad accompagnarla da me una volta alla settimana.
Pur presentando diverse carenze cognitive, Silvana dimostrava di avere delle potenzialità ma era bloccata da demotivazione, da assuefazione alla sua condizione, quasi da apatia, che non le permetteva di esprimersi.
Nel corso degli incontri dimostrava sempre più di avere buone potenzialità, di essere disponibile al cambiamento, di imparare, se opportunamente guidata. Quando la mamma non era presente Silvana pronunciava qualche parola, un po’ alla volta, molto lentamente cominciava a “sciogliersi”.
Cominciavano ad emergere punti di forza che sarebbero potuti essere utilizzati in fase di apprendimento come base di partenza: la curiosità che è un movente efficace e, se sfruttato opportunamente, produce risultati molto positivi, la voglia di migliorare le sue prestazioni, la disponibilità all’impegno ed alla collaborazione, la sensibilità.
Dimostrava di possedere inoltre buone capacità logiche e memoria spontanea che, per mancanza di un utilizzo consapevole di strategie, non venivano interamente utilizzate.
Passo dopo passo si è cominciato a costruire il senso di competenza, teso a rinforzare la sicurezza in se stessa rassicurandola costantemente, ma al contempo conducendola con fermezza ad eseguire correttamente il compito che le veniva assegnato. Iniziammo gradualmente a costruire i concetti astratti: numero, colore, forma, direzione, posizione, dimensione, Silvana si esprimeva verbalmente sempre con maggiore sicurezza e non si muoveva più a scatti se non quando era molto tesa ed in ansia, lo sguardo era diventato più limpido e luminoso.
Dalle conversazioni frequenti e complesse con la madre e, una volta, con il padre, era emersa una situazione familiare molto problematica. Consigliai alla madre di farsi aiutare e le fornii alcune indicazioni che, dopo alcune insistenze, seguì, senza però che si sia verificata alcuna ricaduta sulle relazioni familiari. Insistetti perché Silvana trovasse un’occupazione dicendo alla madre che era giovane per fare una vita da “casalinga”, aveva bisogno di compagnia della sua età, di stimoli cognitivi, di un impegno personale di cui fosse responsabile. Gli interventi sporadici di insegnamento che le venivano impartiti, non costituivano un sistema di vita e, risultando isolati e frammentari, non potevano produrre cambiamenti significativi.
Silvana, al solo sentire nominare un posto dove avrebbe potuto incontrare altri giovani, s’illuminava.
Continuavano gli incontri e la ragazza dimostrava sempre maggiore curiosità, le proposi di seguire un corso Feuerstein di primo livello che tenevo io, sarebbe venuta con me e l’avrei seguita poi durante la settimana, accettò volentieri ed acconsentì anche la mamma, non senza problemi. Qualcuno mi disse che avrei messo la ragazza in difficoltà, che non era in grado…io decisi di correre il rischio, pur avendo un po’ di paura: è questa l’integrazione vera e allora? Venne accolta bene, partecipava con discrezione e… a metà corso intervenne spontaneamente ed a proposito!
Ora Silvana si era sbloccata molto, emotivamente, aveva capito che poteva modificarsi, che era in grado di superare le sue difficoltà, se non del tutto, almeno parzialmente, insomma che avrebbe potuto farcela.
L’ambiente familiare, saturo di tensioni, non le permetteva di dimostrare questo suo cambiamento in casa, però in un contesto diverso appariva evidente. Silvana era molto sensibile soprattutto nelle relazioni familiari che per lei sono quasi le uniche: tono, atteggiamenti, discorsi possono influire pesantemente sulla sua autostima e quindi sulle sue prestazioni. Dopo qualche mese dalla fine del primo livello le proposi di iscriversi al secondo ed accettò.
In famiglia però non riusciva a sperimentare alcun successo perché le si faceva notare sempre quello che non faceva bene e mai il contrario. Le si suggeriva continuamente come comportarsi, cosa dire, cosa fare senza chiedere mai il suo parere e privandola di qualunque autonomia.
Non bisognerebbe dirle cosa fare, ma fare in modo che riesca a fare da sola dandole gli strumenti.
Sempre più convinta che Silvana non potesse stare tutto il giorno a casa trovai un corso in un ambiente protetto ed attento. Lei accolse la proposta con entusiasmo, molto meno la madre che si convinse a fatica. Il corso fu un successo: in relazione con altri giovani, seguita con attenzione rifiorì e soprattutto era felice! Durante il tirocinio previsto dal corso che stava frequentando, la maestra, contenta di lei, del suo impegno, le propose di continuare mediante una borsa lavoro e in attesa come volontaria. Quando me lo dissero piansi di gioia!
Sembra un miracolo, ma non lo è, è il frutto di un duro lavoro cognitivo ed affettivo durato più di due anni. Silvana è cambiata, ha recuperato le sue potenzialità, ne ha sviluppate di nuove, è in grado di lavorare e di essere autonoma.